La mia ceramica preistorica, di Silvia Piras
vaso globulare ceramica cardiale, neolitico antico VI millennio a.C., rinvenuto nella Grotta Verde di Alghero.
Certe volte mentre foggio un vaso mi pare che antichi e remoti maestri guidino le mie mani, o forse è la terra stessa che mi chiama e mi chiede d’essere modellata in una maniera che è determinata solo dalla naturale sua forza generatrice e accoglitiva, da quella forza di rotazione che muove tutto l’universo e tutto viene condotto a contenenitore, a forma cosmicamente rotonda.
Il mio percorso con la ceramica è sperimentale e si svolge da circa 15 anni a questa parte; in un frangente di tempo così breve mi pare di aver sentito gli sforzi dell’evoluzione dell’arte ceramica che l’uomo ha sperimentato in millenni: quando ai primordi di questo percorso ho subìto il fascino del fuoco mi sono sentita come l’uomo primitivo alle prese con la prima terra cotta, forse la più antica scoperta dopo il fuoco, quando casualmente scoprì che sotto questa affascinante, vitale e terribile fonte di calore ogni cosa si trasformava per tornare purificata come elemento alla terra passando prima per innumerevoli stadi. Poi i miei primi e timidi tentativi con la materia per provare a foggiare forme semplici con la tecnica del colombino come fecero anche le mie antenate che provavano a creare con l’argilla oggetti per contenere e trasportare la linfa vitale; istintivamente abbiamo ottenuto da subito semplici forme concave che potessero servire a questo scopo, come contenitori per trasportare l’acqua, per cuocere e per nutrirci. Le abbiamo asciugate e poi cotte direttamente sul fuoco dando origine a forme fragili che necessitavano di una produzione costante e continua.Fu il tempo e i bisogni, come per tutte le cose, a perfezionare la tecnica, gli impasti e le cotture per ottenere pezzi che hanno resistito fino ai giorni nostri.
In Sardegna i più antichi ritrovamenti risalgono al 6° millennio a.C. Ci raccontano di una vita iniziale in grotta e in ripari sotto roccia o di fortuna, di abitudini alimentari, di sacralità e riti. Il gusto estetico che si andava rinforzando è indice della maturazione di una presa di coscienza e apprezzamento per il creato, sentito e trasferito sotto forma di segno mediato sulla materia morbida cruda attraverso una conchiglia, il cardium (da qui il nome di “ceramica cardiale” - vedi immagine in alto, vaso globulare rinvenuto nella grotta verde di Alghero - neolitico antico VI millennio a.C.).
Quante volte mi sono guardata intorno alla ricerca di qualche piccolo arnese con cui fare dei segni, dei decori, ma mai nessuna conchiglia nei paraggi, no a questo non ci avevo proprio pensato; i nostri avi non avevano come me l’imbarazzo della scelta tra mille arnesi che consentono ognuno un’impronta, seppur preconfezionata e sterile, varia ed innovativa; no loro avevano elementi della natura, conchiglie con le quali lasciavano le tracce a seghetto col bordo della valva, legnetti che utilizzavano per lucidare le superfici, stecchi che usavano per incidere e graffiare la superficie e lasciare segni…
- Vaso a collo decorato, cultura di Bonu Ighinu, neolitico medio V millennio. a.C., reperito a Cagliari, San Bartolomeo, Grotta del Bagno Penale. | - Vaso bitroncoconico, cultura di Ozieri, neolitico finale IV millennio a.C., rinvenuto nella grotta del Carmelo ad Ozieri. |
Simili lavorazioni richiedono tempo e desiderio di durabilità ecco perchè si preoccuparono di curare la sueperficie ed i materiali che avrebbe accolto il loro lavoro, come ogni bravo artista cura la propria tela o la propria tavola prima di iniziare a dipingere.
Riproduzione vaso bitroncoconico, cultura di Ozieri, neolitico finale IV millennio a.C., rinvenuto nella grotta del Carmelo ad Ozieri
Ecco che verso il 4° millennio, tardo neolitico, con le ceramiche delle culture di Bonu Ighinu (presso Mara - SS) San Ciriaco (Or) e San Michele presso la omonima grotta, (più comunemente la cultura di San Michele è conosciuta come cultura di Ozieri - OT) si arriva, in un arco di poco più di un millennio, ad una finezza di impasti che consentivano la foggiatura di vasi con spessori molto sottili e decorazioni che raccontano di un popolo che trova il tempo da dedicare all’estetica, una dedizione possibile grazie alla calma sociale in clima di pace tra i popoli del bacino mediterraneo. Una gran parte di queste ceramiche vengono trovate nelle tombe come corredo funebre, utensili che il defunto usava in vita o a valenza votiva.
Quando anche io perfezionai qualche modello dei mie lavori vi fu un richiamo di commitenze che consentirono poi di ripagarmi il lavoro e il tempo trascorso a farlo, così pure i nostri antenati si saranno specializzati alcuni in questa arte tant’è che la produzione diventava seriale in mano agli specialisti e la committenza sempre più esigente richiedeva nuove soluzioni e adeguamenti. Così le ceramiche vengono decorate con segni che sono semplici decorazioni incise a cerchi o spirali, a losanga o a zig zag, a spiga di grano...sono segni fini a se stessi, riempitivi, ritmici, rituali di un tempo che va scandito durante il lavoro, come una preghiera fatta con un rosario.
Segni semplici quasi come quei disegni che ti viene istintivo fare sui foglietti volanti mentre sei al telefono o segui una lezione particolarmente lunga a scuola, o in una riunione, finestre dell’inconscio che si aprono quasi a nostra insaputa e che poi ti sorprendi di aver fatto così bene. Ma gli accademici non penso siano d’accordo con questa mia visione: essi infatti attribuiscono ai segni incisi un valore simbolico che lega quelle genti al cosmo, alla terra, all’infinito...ed io personalmente trovo difficile dato che l’uomo per istinto ancora prima dei simboli ha provato a rappresentare forme concrete che potessero comunicare la visione di quella loro attualità, basti pensare ai grafitti preistorici nelle grotte di Lascaux in Francia.
La cultura di Ozieri è la massima rappresentazione di questa moda e modo di decorare gli oggetti con risultati sorprendenti.
Pisside carenata, cultura di Ozieri, neolitico finale, IV sec. a. C. Proveniente dalla grotta di San Michele - Ozieri (SS)
Riproduzione vaso tripode, proviene da Corona Moltana - Bonnanaro - Bronzo antico 2200 - 1900 a.C.
In seguito nei secoli successivi dal 3° millennio altre culture si sviluppano e si diffondono nuove mode, nuove esigenze, nuove influenze, nuovi committenti, nuovi stili che vedono accentuate caratteristiche delle ceramiche per l’uso alimentare e per la cottura di cibi, come ad esempio, i vasi tripodi e tetrapodi fatti di impasti che oggi considereremo refrattari, con inclusioni di materiali inerti tra i più diversi: dalla polvere di granito, al macinato di conchiglie, alla chamotte di altre terre cotte.
Gli oggetti diventano robusti, resistenti, fini al loro scopo, dovevano durare, dovevano viaggiare, dovevano contenere alimenti per lunghi tratti anche via mare.
E’ la volta delle culture cosiddette, sempre dal luogo dal quale presero origine, di Monte Claro e quella del vaso campaniforme.
Riproduzione della Olla di età nuragica (facies san San Cosimo - Bronzo medio II - 1600-1300 a.C.) rinvenuta presso la tomba dei Giganti di San Cosimo a Gonnosfanadiga.
L’immagine a fianco è il vaso originale.
Con l’avvento della civiltà nuragica al suo massimo splendore tra il XII e il IX secolo a.C., si ha una produzione ceramica molto specifica (cultura di Bonnanaro- SS) atta a contenere alimenti di pregio come vino e olio segno di un miglioramento delle abitudini di vita date anche dagli interscambi con gli altri paesi del bacino del mediterraneo.
Sardinia insula vini, come fu definita in passato, ha testimonianze che raccontano di un popolo con rituali e lussi alimentari, che richiedevano un’eleganza e una praticità delle brocche, quella askoide ne è un esempio, di fattura prettamente sardo nuragica, diffusa poi nella penisola Italica, in Etruria, e Sicilia con ritrovamenti anche nella penisola iberica, Cipro,Creta e in Tunisia. Prodotta ed utilizzata per ritualiazzare il culto del vino, che forse anche fin da allora fu la bevanda degli dei. Ritrovati soprattutto in santuari e in quei nuraghi fortezza che si distinungono per complessità e magnificenza, raccontano di riti regali proprio laddove, l’affascinante mistero della struttura nuragica, ci suggerisce
Vaso piriforme, età del ferro 900-750 a-C. E’ stato ritrovato in Sant’Anastasia di Sardara. Rappresenta a graffitto un modello di nuraghe stilizzato, al centro la torre centrale che svetta sulla struttura
ancora una volta lo status di un popolo regale, al centro del mondo, potente ed avanzato, temuto e per questo poi combattuto ed annientato dal 6° secolo a. C. con la venuta dei Cartaginesi, e dei Romani poi.
Ciò che rimane della magnificenza di quel popolo è incisa in alcuni vasi askos che rappresentano la grandiosità del megalitismo nuragico (Vedi incisione di un nuraghe nell’immagin del vaso piriforme di Sardara).
Dalla storia dei miei antichi antenati traggo ispirazione per creare questa serie di vasi, oserei dire, “dimenticati” anche dai libri specilistici di ceramica o dai libri di storia dell’arte, vasi e contenitori che raccontano di un popolo singolare vissuto in un “continente”, la Sardegna, che ha permesso un autonomo sviluppo di stili di vita che ancora oggi in parte vengono gelosamente tramandati forse più attraverso il nostro DNA, singolare, unico, sardo!
Interpretazioni di alcuni vasi Askos a boccale e a ciambella
Silvia Piras
Silvia Piras ha il proprio laboratorio artistico in provincia di Cagliari nel comune di Decimoputzu, si occupa d'arte e la sviluppa con diversi materiali tra i quali anche la ceramica. Per saperne di più www.silviapiras.it - Contatti Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Fonte delle immagini: Ceramica, storie linguaggio e prospettive in Sardegna. Edizioni Ilisso