Notte sciamano nuragica fine maggio a Decimoputzu (CA) edizione 2016
Silvia Piras guida turistica accreditata per la Sardegna, questa primavera condivise con me la sua voglia di organizzare un evento, una rievocazione nuragica, due giornate dedicate alle sue ceramiche nuragiche e la cottura della ceramica a legna, sperimentando quello che poteva essere a quel tempo la cottura in fossa.
Non esitai nemmeno una frazione di secondo a propormi per la parte della cottura della ceramica, molte erano le idee che balenavano nella testa di Silvia, perché da anni appassionata alla ceramica si era dedicata alla riedizione di antichi manufatti presenti nei vari musei in Sardegna, copie quasi perfette che si rifacevano ai vasi, ai tripodi per la cottura dei cibi.
Non ci volle molto per prepararmi per la dipartita, in moto verso quella Sardegna antica e silvestre così piena di misteri da scoprire, così riservata da essere affascinante e intrigante, due giorni ed ero all’imbarco a Civitavecchia, la nave di notte, un dolce sonno nella mia cuccetta per fortuna vuota, completamente solo mi addormentavo cullandomi con la vibrazione dei motori che potenti spingevano questo palazzo di acciaio su un mare placido.
Arrivo ad Olbia e via percorrendo tutta la trasversale fino a Decimoputzu, sferzato da un vento che non mollava mai neanche per un attimo, comunque arrivo!
Il giorno seguente cominciammo subito con un sopraluogo nella radura alla base del Monte Idda, dove si trova un antico villaggio nuragico, Silvia mi fa vedere dove si svolgeranno tutte le attività, dalla mostra delle ceramiche nuragiche create da lei, alla stupenda mostra sugli archi e navicelle nuragiche di cui sono stato impressionato visitatore, primo perché non ne conoscevo nemmeno l’esistenza, Gerolamo Exana assieme all’Associazione Archistoria di Sinnai è colui che da anni studia i bronzetti e le riproduzioni in pietra delle navicelle e dei guerrieri con i loro equipaggiamenti, una mostra che da sola era motivo di un evento dedicato.
Quello che però che mi riguardava era il luogo su cui predisporre il forno in fossa, trovai il posto perfetto, perché era uno spiazzo libero molto grande e circondato da alberi, camminando poi la attorno vidi nel pendio della montagna della terra giallo-rossiccia che a prima vista mi sembrava argilla, ne presi un pezzettino la mischiai con un po’ di saliva e si era argilla! Tornammo poi con un secchio a prenderne un po’ per farne delle prove, con grande stupore vidi che aveva già della chamotte al suo interno ed era di una granulometria ideale, altra sorpresa che era tutta della stessa misura, in pratica una argilla refrattaria pronta all’uso, non era una miniera ma un filone sufficiente per far provare ai partecipanti la manipolazione della argilla naturale.
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Il giorno dopo tornammo nel posto e cominciai a scavare la fossa, ma con mia sorpresa potei scavare solo 20 cm sotto c’era tutto un lastrone di roccia, allora che fare? Pensai, al posto di scavare alziamo un anello di pietre di contenimento, un anello che doveva poi chiudersi in modo da farlo diventare una piccola fornace. Cominciai così a raccogliere le pietre che si trovavano nel monte li vicino, dovevano essere pietre con una forma tale da poter costruire questo anello chiuso verso l’apice, man mano che andavo su mi accorsi che stavo costruendo praticamente un nuraghe, allora chiamai Silvia che nel frattempo era indaffarata con la sua mostra delle ceramiche e con tutto quello che comporta un evento così articolato.
Quando venne si accorse anche lei che era un piccolo nuraghe quello costruito, mi diede così degli altri elementi per poter continuare, dovevo perciò fare un giro di pietre anche alla base in modo tale da rinforzare la struttura che non chiudesse troppo con il rischio di crollare all’interno. Nonostante tutto arrivammo a sera che il forno aveva ancora un’apertura troppo grande per funzionare da camino, dovevo perciò trovare una soluzione giusta senza però utilizzare alcun espediente moderno, tutto quello che potevo fare dovevo farlo con le mie mani e con quello che in quel posto avrei trovato, le pietre che mi avrebbero necessitato in quel posto non le trovai così si fece sera e andammo via.
La mattina dopo cominciava l’evento, non ci dormi la notte pensando a come finire quel forno, ad un tratto mi venne l’idea di fare una cupola con l’argilla del posto e fare un piccolo camino alla sommità. Al mattino presto mi recai sul posto, presi un po’ di argilla, acqua la impastai con un elemento che ritenevo adatto, le foglie secche di mimosa e ne feci un impasto tipo quello per creare i mattoni in terra cruda, modellai con la sabbia una cupola sulla quale costruii la volta del forno con il camino, ma era mattino e il pomeriggio quel forno avrebbe già avuto il fuoco scatenato al suo interno per cuocere le ceramiche, non importa non avevo scelta, si doveva fare così.
Accesi il fuoco e cominciai a mettere le ceramiche che Silvia aveva modellato a riscaldare davanti il fuoco, intanto il fuoco di legna al suo interno cominciava a riscaldare la base e le pietre del muro, tutto funzionava molto bene, ma la cupola in argilla si sarebbe seccata in così poche ore? No, certamente no, però non c’era altro da fare che sperare in un po’ di fortuna, arrivò così il momento di fare una bella base di legna sulla quale posare le ceramiche da cuocere, ricoprirle di legna ancora, molta per portare a termine la cottura, appena fatto il calore che si sprigionava dal forno era altissimo e dovevo coprirlo subito con la cupola prima di bruciare tutta la legna in un grande falò, così in due prendemmo la cupola che miracolosamente resistette al suo peso la adagiammo sopra e ci rimase, mollemente solida. Sebbene lo shock termico fosse notevole resistette perfettamente rimanendo solida e facendo quello che doveva fare, il camino!
Intanto tutto l’evento andava avanti, le mostre interessantissime, spiegate con dovizie di particolari da Silvia Piras e Gerolamo Exana affascinavano i presenti, addirittura Gerolamo fece anche provare gli archi e frecce nuragiche da lui riprodotte, provai anch’io e rimasi stupito dalla potenza di questi archi, dall’accuratezza delle ricostruzioni. Per le navicelle addirittura aveva preparato le prove di galleggiamento, la ricostruzione del fasciame di come si presume fossero costruite, le vele e molti altri dettagli frutto di anni di prove e preparazione.
Un momento importante della serata fu quando Silvia preparò delle verdure cotte dentro i tripodi che messi sulle braci ardenti resistettero alla perfezione e donarono ai cibi, come ad esempio alle lenticchie un sapore non di lesso ma quasi di arrostito, il connubio di fuoco di legna e cottura nella terracotta dà questi sentori ai cibi, questa cucina tradizionale e antica andrebbe veramente riscoperta, anche se in un mondo che corre, sembra non ci sia il tempo per niente, dove il microonde la fa da padrone in cucina, ma per chi si vuole trattare bene, la cucina nella terracotta è qualcosa di unico.
All’arrivo dei partecipanti, feci subito vedere dove si trovava l’argilla e come si poteva preparare senza l’ausilio di niente che non si potesse trovare in loco, dove millenni prima una popolazione dalle lontane origini viveva, mancava però l’acqua e non volevo utilizzare il comodissimo rubinetto li vicino, fu così che mi venne in mente della sorgente antica di cui mi parlò un giorno Silvia, chiesi allora dove si trovasse quella sorgente, ma tutti mi dissero che era secca, io però non sono uno che si accontenta della prima risposta e molte volte neanche della seconda e perciò chiesi di andare a vedere se c’era l’acqua, arrivammo così dopo pochi passi sul posto ma effettivamente era tutto secco, c’era il pozzo costruito ma addirittura qualcuno ci aveva fatto un falò dentro, ma io volevo trovare l’acqua e con il piccone in mano mi girai verso i partecipanti e chiesi “quanti di voi per alzata di mano pensano che troverò l’acqua?” pensavo che nessuno ci avrebbe scommesso, ma con mia enorme sorpresa fu un plebiscito, però a questo punto a costo di picconare fino a sera, dovevo trovare l’acqua che figura sarebbe stata altrimenti? Andai giù fino a trovare la roccia, mi fermai ma per incanto la prima goccia comparve, poi la seconda, la terza fino a formare un piccolo rigagnolo d’acqua e poi una piccola pozzanghera a quel punto era fatta avevamo tutti gli elementi di cui disponevano le popolazioni nuragiche! Fu un successo pieno.
La notte dopo la cottura delle ceramiche che avvenne come meglio non potevo immaginare, ci fu la cena preparata da Silvia, Ignazio Aru ed altri amici che diedero una mano, anzi vorrei dire che molte persone aiutarono Silvia in questo progetto molto articolato e per certi versi piuttosto impegnativo e grazie all’aiuto di queste persone tutto riuscì alla perfezione.
Credo che vedere una giovane donna darsi così tanto da fare per un evento che ricostruiva in parte il modo di vivere e lavorare dell’età nuragica, abbia smosso gli animi delle persone che conoscono Silvia molto da vicino.
Come ebbi modo di dire durante l’evento credo ci sia stato lo zampino degli avi sardi se tutto questo si sia potuto realizzare in un modo così armonico, tutto filò liscio come treno che corre su rotaie, non si poteva immaginare di trovare veramente tutto li a portata di mano e senza l’ausilio di alcun utensile (a parte il piccone).
Non era comunque terminata la festa, la mattina dopo la colazione si parte per la visita alle rovine del villaggio nuragico sul Monte Idda, non eravamo molti, quelli ancora disponibili e attivi dopo una notte passata quasi tutta, tra aromi di altri tempi e musica, alcuni di noi avevano dormito in tenda, sotto le stelle e un improvviso e rinfrescante acquazzone. Sotto un sole sardo ci incamminammo fino alla vetta dove si trova il villaggio, trovando molte testimonianze e addirittura cocci di ceramiche, certamente fatte con la stessa argilla usata da noi per fare i manufatti che ogni uno ha potuto modellare con le proprie mani.
Per seguire anche la filosofia del movimento “more clay less plastic” tutte le pietanze e le bevande sono state servite su terracotte realizzate a mano da Walter Usai.
Alla fine che dire? Grazie a Silvia Piras che hai organizzato questa cosa così entusiasmante e grazie a tutti quanti hanno partecipato per la loro proverbiale ospitalità sarda, ora attendo la ripetizione di questo evento, che per conto mio dovrebbe essere a cadenza annuale e richiamare gente soprattutto da fuori Sardegna, dove ancora la cultura nuragica rimane quasi un mistero.